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La musica leggera è maschilista

La cosa peggiore di crescere è capire che il pensiero articolato è problematico. Ma partiamo dall’inizio.

È estate, il vento muove i tuoi capelli appiccicati dalla salsedine, il sole è alto: vivi altre atmosfere stereotipo che troverai nella prossima pubblicità del gelato Sammontana – un’estate all’italiana, e sei il miglior personaggio del benessere che potresti immaginare.

Sei contento. No, peggio: sei felice.

La giovinezza vibra intorno a te.

Il sole tramonta tardi. La gente ha voglia di far festa.

Metti una cuffia, passi l’altra al tuo amico.

Play.

Dove sei stata cosa hai fatto maiiiiiiiiii, una doooooooonnaaaaaa, doooonnnaaaaa, donna dimmi: cosa vuol dir “sono una donna ormai”??

Non succederà più, che torni alle tre, che io mi addormento senza teee eppure lo saiiii che ho tanto bisoooognoooo d’amoreeeeee

Se non vuoi comprendere non perdere più tempo con meeeeeee, egoista!!

Perché forse io ti ho dato troppoooo amooooreeeee, bella stronzaaaaaaaaaa che sorridi di rancorreeeeeeeeeeeeee

Cerca di essere un tenerooo amaanteeee, ma fuori dal letto, nessuna pietà! E allora si vedrai che ti ameràààààà

Stop. Momento. Cosa cavolo sto cantando? Ecco la pioggia settembrina. Si chiudono gli ombrelloni, le sdraio tornano in cabina. I Cuccioloni alla panna sopravvissuti in freezer saranno quelli che mangerai l’anno prossimo.

La coscienza prende spazio. Ascolti cosa stai cantando e ti senti una cretina.

Quante volte hai ripetuto allegramente testi che raccontavano di amori tossici e maschilismo rampante?

Dicono che son solo canzonette, eppure l’orecchiabilità di una melodia porta inevitabilmente con sé un messaggio: cosa sto cantando e quanto questo ripetere influisce sulla riproposizione di schemi narrativi che opprimo la libertà femminile?

Canticchio, ma cosa dico, cosa capisco?

Avere un approccio critico non significa mettere gli artisti alla gogna (ecco lo sporco traditore! Al rogo Battisti!), ma sviluppare una consapevolezza capace di comprendere attivamente i significati che ci circondano, imparare a leggere le cose senza essere schiacciati dal ritornello facilmente orecchiabile.

Sviluppare dei filtri, saper decostruire i messaggi, capire fin dove la nostra sensibilità è pronta ad accettare o no l’idea di canticchiare di nuovo quella canzone.

Insomma, è quel che si dice sviluppare il pensiero critico.

Quando noi di Mamma Studio creiamo dei testi, nei nostri progetti di Comunicazione Sensibile, ci facciamo in continuazione domande simili.

Questo perché crediamo che anche i Brand debbano essere capaci di parlare una lingua sensibile, attenta ai significati che costruisce e che rappresenta.

Per quel che riguarda le canzonette:

Saper dire: ho capito che significa, mi va di cantarla lo stesso.

Saper dire: ho capito che significa, non mi va di cantarla più.

Ambedue le risposte sono corrette.