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Persona o brand che cambia? Quando parli pensaci bene

La crisi di Chiara Ferragni è una questione di buone parole

Oggi parliamo brevemente di linguaggio, del caso Chiara Ferragni e di quanto sia importante per un brand saper scegliere le parole giuste

Il linguaggio ci rende umani ed è la cosa che maggiormente ci distingue dagli altri animali. Non è chiaro perché abbiamo sviluppato questa abilità, ma sappiamo che per imparare il linguaggio ci bastano pochi esempi. Chomsky parla di “stimolo povero”: dati insufficienti sono abbastanza per insegnarci dettagli necessari. Forse, una parte della coscienza deve essere innata. Fin dalla nascita sentiamo la necessita di conoscere, di poter dare forma al mondo attraverso la parola.

Come esseri umani non possiamo fare a meno del linguaggio, eppure a volte decidiamo di non pensarci troppo. Le parole, però, definiscono la realtà che ci circonda: intendiamo l’intorno attraverso la sua decodificazione linguistica.

La lingua ci serve per comunicare con gli altri, per raccontare ciò che vediamo e definirci a nostra volta. Essendo uno strumento, non è mai neutra: come dice la linguista Vera Gheno “ogni parola che usiamo è un atto di identità”.

La lingua non ha solo potere descrittivo, è uno strumento per plasmare il pensiero. Ci sono circa 7000 lingue nel mondo e ognuna differisce dalle altre per molti aspetti: dall’orientamento nello spazio alla percezione del tempo, dai diversi modi per poter descrivere eventi diversi o sensazioni che possono essere particolari e proprie di una certa cultura (basti pensare alle parole intraducibili). Il linguaggio è sensibile: va usato con cura, attenzione, perché ogni parola suscita, all’interno di un discorso, non solo un significato ma un’impressione specifica.

Più il modo di comunicare è spontaneo e impulsivo, più rischia di compromettersi. Più è chiaro, lineare, aderente ai propri comportamenti e valori, meglio risulta credibile.

Non è un caso, ad esempio, che la recente intervista di Chiara Ferragni con Fabio Fazio sia stata un flop. Come racconta la docente Maria Angela Polesana usare la parola “fraintendimento” può essere rischiosamente equivocabile: dall’intervista non si capisce se sono stati i pubblici a fraintenderla, se è stata lei o con il suo team ad aver frainteso le operazioni commerciali messe in atto, o se semplicemente Ferragni ha frainteso tutto quanto. L’argomentazione risulta confusa, disordinata e disorientante: ne deriva la percezione di un tentativo maldestro di vittimizzazione, un falso bisogno di giustificarsi.

A rincarare la dose, l’uso massiccio dell’espressione “buona fede”, spesso usata nel linguaggio comune per svilire la falsa rettitudine e che, anche nella sua accezione positiva, racconta comunque di un’intenzione individuale che pericolosamente rincara l’attenzione sulla responsabilità personale, a scapito degli altri attori coinvolti. Insomma, spostare il focus le avrebbe permesso di non farsi carico esclusivo della vicenda.

Non parlare con la bocca piena, te lo dice la Mamma

Noi di Mamma Studio, prima di parlare del tuo brand o della tua attività, capiamo bene come usare le parole giuste. Usare le parole giuste significa avere una buona strategia: capire come puoi essere rappresentato per quello che effettivamente ti caratterizza, senza per forza plasmarti sui trend del momento e senza andare in confusione.

Quando comunichi devi partire prima di tutto dalla costruzione del tuo patrimonio immateriale, dall’anima e dalle caratteristiche che ti contraddistinguono. Una volta che ci siamo guardati allo specchio e ci siamo riconosciuti, possiamo anche confrontarci col mondo.

Un’impalcatura comunicativa è fondamentale per portare avanti un’identità coerente ed essere riconoscibile: non significa solamente essere visti, ma caratterizzanti, dirsi capaci di riproporre una costanza logica delle proprie intenzioni.

Non parlare con la bocca piena e non verrai frainteso.

Fidati della Mamma.